Notizia del 05/03/2008
Prendemmo la strada sotto i portici per andare al Santo. Era il 13 di giugno, il giorno del mio onomastico. Pioveva, e io non volevo muovermi, ma il nonno Yerwant, il patriarca a cui nessuno disobbediva, aveva detto "E' ora che la bambina conosca il suo santo. E' già quasi troppo tardi, ha cinque anni. Non sta bene far aspettare i santi. E dovete portarcela a piedi". Lui ci avrebbe raggiunto con la sua automobile Lancia, e con Antonio, l'autista.
Inizia così La masseria delle allodole, con il racconto del viaggio a piedi di Antonia, che altri non è che Antonia Arslan, autrice del libro, accompagnata dalla zia Henriette "al Santo", cioè alla basilica dedicata a Sant'Antonio da Padova, città vicino alla quale la piccola Antonia abita con la sua famiglia dalla pesante eredità storica.
Il nonno di Antonia, quello della Lancia, è di origini armene e già alla prima pagina l'autrice spiega che "zia Henriette era una sopravvissuta al genocidio del 1915" e io, che troppo poco mi rendo conto di conoscere della storia del secolo scorso, ho scoperto pagina dopo pagina cosa accadde nel 1915 al popolo armeno in Turchia: il libro racconta di una famiglia agiata e felice, una famiglia grande, fatta di figli, nipoti, fratelli, zii, ma anche vicini e amici, una comunità pacifica e di animo mite, svegliata di soprassalto dalla furia sterminatrice di coloro i quali erano stati considerati fino a quel momento fratelli e conterranei.
La Turchia infatti nel giugno del 1915 dispose l'uccisione degli uomini armeni e l'esodo delle donne costrette a una lunga camminata attraverso terre inospitali, affamate, depredate, costrette a subire violenze e ad assistere all'uccisione dei figli o alla loro morte per inedia: uno scenario tremendo che fa da contraltare alla vita serena e segnata dai ritmi dell'ospitalità e alle regole del buon vicinato che fino ad allora avevano regolato le loro vite. Rimasero gli armeni emigrati che fecero quanto in loro potere non solo per dare una mano ai sopravvissuti, ma anche per preservare, assieme alle donne, la storia del popolo e le usanze che rischiavano di finire dimenticate per sempre.
Quello che è considerato a tutti gli effetti un genocidio ancor oggi condiziona la storia: il mancato riconoscimento di tale strage da parte della Turchia continua a essere infatti motivo di tensione con l'Unione Europea di cui la Turchia stessa ambisce di far parte.
Sono rimasta molto colpita da questo libro nel quale si consuma nell'arco di poche pagine una tragedia che si è già ripetuta in passato e che si ripeterà in futuro, non solo pochi anni dopo con lo sterminio del popolo ebreo da parte di Hitler, ma anche più recentemente ancora con il fratricidio ruandese o la guerra che ha portato alla divisione dell'ex repubblica jugoslava: impareremo mai a convivere pacificamente?
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