Notizia del 19/12/2007
Fu un errore mentire. Se ne rese conto nel momento stesso in cui apriva bocca per rispondere a Fernand Le Bouc. E solo per timidezza, per mancanza di disinvoltura, non cambiò le parole che gli salivano alla bocca. "E' andata a Bourges" disse. Le Bouch, mentre risciacquava un bicchiere dietro al bancone, chiese: "La Loute vive ancora là?" E lui, senza guardarlo: "Credo di si". Erano le dieci del mattino e, poiché era giovedì, nel mercato fervevano le attività. Appoggiati al bancone del piccolo caffè di Fernand, quasi tutto a vetrate, all'angolo dell'impasse des Trois-rois, c'erano cinque o sei clienti. In quel momento non era importante chi fossero, ma lo sarebbe diventato in seguito.
Il piccolo libraio di Archangelsk, di Georges Simenon stazionava sullo scaffale ormai da tempo, acquistato in un momento in cui mi sono fatta incuriosire da un libro fuori dagli schemi a me noti; di Simenon infatti conoscevo solo i racconti legati al Commissario Maigret e siccome in passato ho avuto gradite sorprese scegliendo libri di scrittori noti fuori dal loro standard, ho deciso di fare un tentativo, ma poi non mi è più venuta voglia di leggerlo fino a qualche giorno fa.
Il libro ha avuto un inizio stentato e se non mi fossi trovata ad affrontare una lunga attesa con nient'altro da leggere, è probabile che l'avrei abbandonato. Essendo però quasi costretta ad arrivare in fondo, ho potuto apprezzarne la storia e alla fine sono contenta di averlo letto.
Il piccolo libraio di Archangelsk parla di un immigrato russo, arrivato in Francia all'età di 6 anni e cresciuto in un paesino della provincia francese credendo di essere riuscito a ritagliarsi il suo posto nella comunità in cui vive, ma costretto a rivedere le sue sicurezze nel momento in cui la moglie scompare apparentemente senza lasciare tracce e tutti i suoi vicini gli fanno muro contro senza che lui sia colpevole di alcunché.
La scoperta di quest'ostilità ribalta il mondo del mite libraio tanto che... ma non posso continuare, sennò svelerei il finale; posso solo dire che in quest'epoca di immigrazioni e difficoltà di integrazione, il racconto che si svolge più o meno cinquant'anni fa mostra quanto sia dura farsi accettare in un mondo che non è il tuo, anche quando ci hai passato la gran parte della tua vita.
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