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Eva Luna racconta

Notizia del 05/12/2006

Claveles Picero e suo nonno, Jesùs Dionisio Picero, ci misero trentotto giorni a coprire i duecentosettanta chilometri tra il loro villaggio e la capitale. Attraversarono a piedi le terre basse, dove l'umidità macerava la vegetazione in una brodaglia eterna di melma e sudore, salirono e scesero monti tra iguana immobili e palme accasciate, varcarono le piantagioni di caffè schivando capisquadra, caimani e serpenti, camminarono sotto le foglie del tabacco tra zanzare fosforescenti e farfalle siderali.

Dal ricco nordamerica scendono i gringos in cerca di bambini da adottare, di bambini disabili, malati e le famiglie numerose che già faticano a crescere la prole sana vedono un futuro migliore per quei loro figli doppiamente sfortunati e accettano con timore, ma anche con la speranza di dare un'opportunità a quei bimbi, i 250 dollari dati loro in cambio che permetteranno di sfamare gli altri per qualche tempo.

Ma un giorno alla radio senti che su al nord usano i tuoi bambini come banca d'organi e allora la disperazione si trasforma in rabbia e determinazione, anche quella di diventare schiavo per ripagare quei 250 dollari, ma riavere indietro tuo figlio... sperando che sia ancora possibile.

E' uno dei 23 racconti del libro, quello che mi ha colpito di più non tanto per la storia, che comunque fa sicuramente riflettere, ma per il modo scarno in cui è raccontata, senza concedere nulla alla tenerezza o alla disperazione come siamo abituati a concepirle: il bene e il male, le scelte fatte per amore e poi rivelatesi drammaticamente sbagliate sono descritte in un modo asciutto che rende ancor più terribile il quadro dipinto.

Malgrado sia il seguito di Eva Luna, è in realtà il libro che mi ha introdotto nel mondo di Isabel Allende e che mi ha fatto amare fin da subito il suo modo "ruvido" di scrivere: tra i suoi libri ne ho apprezzati maggiormente alcuni e meno altri e tra tutti questo sicuramente è uno dei miei preferiti.

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